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Una domenica chiamata lunedì

Immagine del redattore: cate_di_bechericate_di_becheri

Aggiornamento: 18 nov 2020

Per noi il lunedì è il giorno di riposo. In realtà per molti ristoratori lo è, ma per noi è davvero un giorno speciale.

Perché è l'unico in cui ceniamo tutti insieme, seduti ad un tavolo, con i piatti, le posate e persino il bicchiere davanti.

Quando Rufo era piccolo ed andava all'asilo la goduria era davvero massima, perché potevamo avere due pasti veri in famiglia.

Adesso lui è diventato grande, va a scuola e l'idea di fargli perdere tutti i lunedì, sebbene ci abbia sfiorato, è stata accantonata immediatamente.

Quindi per noi il lunedì, o meglio la cena del lunedì, è sacra.

Il lunedì è il giorno in cui stiamo insieme, in cui giochiamo ai giochi da tavolo, i cui ci vediamo un film ammassati sul divano e in cui cuciniamo le nostre ricette da vacanza.

Sì, perché lunedì non si mangiano le cose normali. Si può attingere a piacere da una lista ben definita di piatti, in continuo aggiornamento, ma mai nulla è lasciato al caso.



E' pensiero comune che i cuochi e chiunque abbia a che fare con la cucina, mangi prelibatezze ogni giorno. Che si nutra di quei piatti meravigliosi che si vedono sulle pagine social dei ristoranti.

Beh, vi voglio confidare che non c'é nulla di più sbagliato. Chi lavora in una cucina, e potete chiederlo a chiunque, solitamente passa le sue giornate cercando di nutrirsi alla bene meglio con gli avanzi. Si infila in bocca distrattamente qualche pezzo di pane che è stato tagliato male e che non può essere servito, e lo impreziosisce con qualche fondo di cottura rimasto in una pentola. Il massimo del lusso è quando un cliente sbaglia ad ordinare e cambia idea all'ultimo momento. In quel caso all'interno della brigata scatta la festa grande, perché si possono affondare i denti in un piatto completo, addirittura impiattato con cura, che spesso causa liti furibonde su chi abbia diritto ad infilarci la forchetta per primo.

Capite ora perché per noi il pasto del lunedì è tanto importante?

Perché è vero. E' buono. E' lento, ed è esclusivo (nel senso che mentre mangi, mangi e basta e non fai altre settecento cose).

Oggi voglio parlarvi della regina indiscussa delle ricette del nostro lunedì, quella che ci si prova quasi sempre a farne un'altra, poi ci si guarda e, alzando le spalle, si pronuncia la fatidica frase: - "Ma se facessimo la torta di pasta?"

La torta di pasta ha un procedimento semplicissimo (tenete presente che deve poter essere fatta da un bambino di sei anni), ma nella sua semplicità sprigiona un gusto che, almeno per noi, è in grado di far sentire a casa.

Servono pochi ingredienti, ma è fondamentale che siano di qualità.

Il primo è l'inimitabile conserva di nonna Pia.

Ora, visto che la produzione di nonna Pia è, sì, piuttosto abbondante, ma non certo da coprire le torte di pasta di tutti, dovrete attingere alla conserva della vostra nonna, zia, mamma, cugina o amica esperta di conserve. Perché poi si sa, ognuno reputa la conserva della propria nonna, zia, mamma, cugina o amica esperta di conserve, la migliore del mondo.

Ed è vero. perché ognuna ha un ingrediente segreto impossibile da replicare. In piemontese il termine tecnico è: roja d'la coa (letteralmente giro della coda) e non è esattamente un ingrediente, quanto una chimica impossibile da replicare, tra la persona e la sua ricetta.

Io mi ci sono incaponita un giorno. Mi sono detta "Porco boia, adesso mi metto di fianco a nonna Pia, uso i suoi ingredienti, ripeto i suoi gesti, uso l'acqua e l'aria di casa sua, e faccio la conserva!"

Risultato? Ho fatto una conserva buonissima. Bilanciata, dolce e profumata.

Tutto bello. Ma non era la sua!

I miei venti barattoli erano diversi dai suoi venti barattoli.

E niente, possiamo stare qui a parlarne per ore, ma tanto la soluzione a questo mistero eterno non riusciremo a trovarla.

Persino la Disney ci ha fatto un film. Si chiama Ratatouille.

Avete presente quando il perfido Anton Ego assaggia le verdure di Remy? (Se non lo avete presente guardatelo, a me è piaciuto tanto. Ve ne lascio un estratto qui sotto.)



Ego non si emoziona per la bontà della ricetta in sé, ma per la sensazione a cui lo riporta.

E infatti ogni tanto succede. In un posto inaspettato, in un luogo inaspettato, di colpo senti quel sapore, quel ricordo lontano, magari addirittura dimenticato, che ti si intrufola nel cervello. In quel momento ti rendi conto di aver trovato, se non la copia esatta, un qualcosa che ti riporta con la mente ad un sapore che credevi di non poter sentire mai più.

Capita di rado, per alcuni piatti non capita mai... ma può succedere.

Così funziona il potere devastante della rojà d'la coa.

Inspiegabile. Punto.


Comunque, torniamo a noi e alla ricetta regina del lunedì.

E' nata dalla mia passione per i capelli d'angelo al pomodoro, unita alla tradizione della famiglia di mio marito.

Ora, chiunque abbia avuto a che fare con Gianluca e lo abbia anche solo sentito respirare, si è reso conto che lui è Romano de Roma.

Non tutti sanno, però, che la nonna di suo papà era di Caserta, e che ha impreziosito la tradizione culinaria della sua famiglia con qualche piatto tipico della cultura partenopea.

La frittata di pasta è una cosa che, se andate a Napoli o dintorni, dovete mangiare!

Noi l'abbiamo stravolta, un po' piemontesizzata e rivisitata togliendo le uova perché, se Rufo vede un uovo anche solo da lontano, comincia a correre come il vento. Quindi, dovendo farla con lui, non potevo mentire spudoratamente come faccio di solito, infilandogli le uova nelle polpette e negando fino alla morte in caso di domande.

Vi lascio la ricetta.

Fa ridere talmente è semplice, lo so. Ma per noi ha il sapore di casa.


INGREDIENTI

Abbaimo detto:

- 1 barattolo di conserva (quella che per voi, a vostro giudizio soggettivo e insindacabile è la migliore in assoluto)

Al quale aggiungiamo:

- 300 g di capelli d'angelo (non vi lasciate tentare dagli spaghetti! Devono essere capelli d'angelo. Perché sono sottili, si amalgamano con il resto e non necessitano delle uova come legante. I capelli d'angelo non impongono la loro superiorità. Gli spaghetti un po' se la tirano. I capelli d'angelo restano umili!)

- Parmigiano come se piovesse

- Formaggio con i buchi (e qui volutamente non specifico quale formaggio con i buchi, perché il bello della torta di pasta del lunedì è quello di provare ogni volta un formaggio con i buchi diverso.)

- Burro (io sono una fanatica del burro. Il burro deve essere buono! Che tu faccia una pasta o che tu faccia una torta.)


OCCORRENTE

- 1 teglia a cerniera

- carta da forno

- 1 pentola in cui bollire i capelli d'angelo

- cucchiai e ciotole


PROCEDIMENTO

Facile. Facilissimo. Rufo è il re indiscusso della torta di pasta, e ormai viene solo più aiutato nella cottura dei capelli d'angelo, visto che le pentole piene di acqua bollente continuano a farmi una paura del boia.


-1) Bollire i capelli d'angelo in abbondante acqua salata (dovete bollirli pochissimo, 2 minuti al massimo)

-2) scolare e incorporare subito con la conserva, un pezzo di burro e un bel po' di parmigiano

-3) bagnare, strizzare e tamponare bene con un canovaccio la carta da forno (così aderirà bene e non farà le grinze) e ricoprire la teglia a cerniera

-4) disporre un primo strato di capelli d'angelo al sugo sul fondo, compattando bene con un cucchiaio

-5) ricoprire il primo strato con il formaggio con i buchi a fette

-6) ripetere la stratificazione per almeno 3 volte

-7) cospargere la torta con abbondante parmigiano e fiocchetti di burro

-8) infornare a 180 g, finché non vedrete che il parmigiano comincerà a fare la crosticina e a colorirsi

-9) togliere dal forno e lasciare riposare 5 o 6 minuti

-10) aprire la teglia a cerniera e godersi la torta di pasta.




Provatela, se avete voglia.

E magari mandatemi le vostre ricette della domenica, che per noi diventeranno del lunedì. Chissà mai che la nostra lista non possa diventare ancora più ciccia!


Caterina





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